No, in forme diverse o un po’ dovunque nel mondo l’accoglienza, l’ospitalità sono state sempre praticate. San Benedetto e i monaci dopo di lui fino ai nostri giorni, hanno il merito di averla praticata con uno stile cristiano monastico. Il grande patriarca cosi scrive nella sua Regola nel capitolo che dedicaproprio all’accoglienza: “Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo e a tutti si renda il debito onore. Quindi, appena viene annunciato l'arrivo di un ospite, il superiore e i monaci gli vadano incontro, manifestandogli in tutti i modi il loro amore; per prima cosa preghino insieme e poi entrino in comunione con lui, scambiandosi la pace. adorando in loro, con il capo chino o il corpo prostrato a terra, lo stesso Cristo. Dopo questo primo ricevimento, gli ospiti siano condotti a pregare. Si legga all'ospite un passo della sacra Scrittura, per sua edificazione, e poi gli si usino tutte le attenzioni che può ispirare un fraterno e rispettoso senso di umanità”. È un bel cerimoniale, un rito ispirato dalla fede, che infonde subito un valore speciale, evangelico all’accoglienza monastica. Ai nostri giorni non pratichiamo più quel rito con i nostri ospiti, ci sentiamo però obbligati a conservarne il più possibile lo spirito, quello spirito che fa delle nostre foresterie monastiche degli “alberghi” molto speciali, non classificati con le stelle, ma apprezzati per i “modi” semplici, cordiali, fraterni, ispirati da un antico e sempre nuovo pensiero guida: in ogni volto, anche nel tuo, io scorgo un tratto del Volto di Cristo!