...sepolcro vivificante da cui ci vengono tutti i beni, sepolcro vivificante per mezzo di cui la nostra razza umana è innalzata dalla morte, sepolcro vivificante dove si adempie la nostra salvezza e la speranza della risurrezione... sepolcro vivificante che fa cadere la rugiada di misericordia, di compassione e di risurrezione sulle ossa dei morti...
(Dalla Liturgia Siro-Orientale)
Guardando quegli immigrati, infreddoliti, spauriti, dispersi, ammassati, in balia delle onde del mare, ci assale il dubbio: il prossimo ventuno Aprile sarà pasqua anche per loro? E sarà una buona Pasqua? O i profughi, gli immigrati, i bisognosi fanno parte della schiera molto più numerosa dei respinti, dei poveri, degli ultimi, degli esclusi della nostra povera umanità, dei condannanti all’inferno e annoverati tra i dannati? E ancora, più pressante la domanda: Per loro si è schiuso il sepolcro? O la pesante pietra dell’indigenza abbandonata e tenacemente respinta anche da noi credenti, li serra ancora nel buio della morte e dell’abbandono? E noi cristiani benestanti, nel caldo delle nostre case, possiamo celebrare davvero la risurrezione se tanti, tanti sepolcri ancora non si aprono anche per nostra colpa. Il loro silenzio dovrebbe significare per noi il momento in cui ancora ai nostri giorni, in un interminabile Venerdì santo, si fa buio su tutta la terra e ascoltiamo il forte grido di Gesù: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lo sappiamo, quel grido straziato di dolore e di abbandono racchiude il dolore e l’abbandono di tanti serrati nelle stive delle navi erranti o chiusi nella morsa della più pesante e invincibile indigenza. Gli abbandonati sono le vittime innocenti dei nostri giorni, che perpetuano il martirio di Gesù nel mondo e nelle sue membra. Allora come augurare e dirci Buona Pasqua? Dobbiamo prima immolare nella divina misericordia i nostri egoismi, uscire noi per primi dai nostri sepolcri, accogliere il Risorto come i due viandanti di Emmaus, far vibrare d’amore il petto alle parole del Signore: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» e poi con più intensa partecipazione, aprire gli occhi della fede per riconoscere il Risorto nello spezzare il pane, nel vivere l’eucaristia come comunione universale d’amore, di reale condivisione. Così possiamo e dobbiamo vivere la nostra Pasqua affinché diventi la Pasqua di tutti e di ognuno; affinché tanti sepolcri si aprano e in tante coscienze germogli finalmente la volontà di donare senza nascondersi. Qualunque sia, la nostra posizione nella società, non perdiamo le numerose occasioni che ci capitano per fare tanti atti d'amore, soprattutto verso i più bisognosi, gli affamati, i senzatetto, i malati, i disoccupati, gli emarginati, i drogati, di cui veniamo giorno per giorno a conoscenza nelle nostre città e nei Paesi lontani. Che non ci capiti, sarebbe l’augurio più ambito, che qualcuno che è risorto per la nostra solidarietà, ci stringa la mano e ci dica Buona Pasqua!